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Stefy Bau: la donna che ha rivoluzionato il motocross

04/11/2023
Lisa Cavalli
Pubblicato in: ,

Stefy Bau, nata il 17 febbraio 1977, è una figura di spicco nel mondo del motocross e supercross. Originaria dell’Italia, Bau ha iniziato la sua carriera come pilota professionista, diventando una delle più veloci piloti di motocross al mondo.

Nel corso della sua carriera, ha accumulato una serie impressionante di titoli e riconoscimenti. Ha vinto tre campionati mondiali, detiene due titoli WMX USA e il Campionato Nazionale di Motocross Amatoriale Loretta Lynn, oltre a sette Campionati Italiani.

La carriera di Bau come pilota è stata interrotta nel 2005 a causa di un grave infortunio. Nonostante questo contrattempo, ha continuato a contribuire al mondo del motocross in una nuova veste. È diventata la Direttrice Generale del nuovo Campionato Mondiale Femminile di Motocross della FIM (Fédération Internationale de Motocyclisme) e membro della CFM (Commissione Femminile all’interno della FIM). Oggi, Stefy Bau continua a influenzare il mondo del motocross attraverso il suo ruolo di manager e fondatrice di Init Esports, un’azienda che organizza campionati virtuali sia in moto che in auto per trovare nuovi talenti.
Ecco la nostra intervista in esclusiva.

Il tuo cognome è molto popolare, soprattutto in Veneto ma sembra abbia perso l’accento, come mai?

Effettivamente l’originale è Baù, con l’accento. Mio papà è nato nella provincia di Treviso a Paese. Gli americani non sanno dire l’accento e quindi è sparito dal mio cognome!

La tua carriera è stata folgorante. Ci racconti come hai iniziato?

Ho iniziato ad andare in moto perché ho avuto due genitori fantastici che a 4 anni mi hanno detto: “Perché no? Sì che te la compriamo la moto!” E lì ho iniziato.

Mamma e papà sono sempre stati appassionati di motocross quindi tutte le volte che c’era la gara del campionato del mondo in Italia andavano a guardarla. Poi sono nata io, primogenita, e hanno continuato ad andarci portandomi con loro. Ad un certo punto papà ha comprato la moto, una KTM 2 tempi 350 cc, per andare a fare enduro nei boschi della Brianza (sono nata a Saronno) e vedendolo tornare a casa tutte le domeniche pomeriggio completamente sporco di fango ma con un sorriso fantastico ho cominciato a dire: “Voglio fare anch’io queste cose!”
Fortunatamente mamma ha detto di sì e mi hanno comprato la moto. Così ho iniziato!

E subito hai ottenuto i tuoi primi risultati.

Per puro caso, oltretutto! In una delle avventure di mio papà ha trovato una piccola pista vicino casa dove c’erano dei bambini che andavano in moto con i genitori che facevano da supervisori. Lui non sapeva che esistessero gare e competizioni dedicate ai più piccoli. E’ venuto a casa e mi ha detto di cambiarmi che dovevo assolutamente andare a correre con gli altri bambini. Siamo andati e nel giro di un’oretta ero la più veloce in pista. Quindi battevo tutti i maschietti e i genitori gli hanno consigliato di iscrivermi alle gare.
Completamente inesperti, andiamo a fare la prima gara ad Arosio in un fettucciato. Alla prima gara sono arrivata terza. Poi tutte le gare a cui ho partecipato quell’anno le ho vinte. La gioia di tornare a casa ogni weekend con una piccola coppa era tanta e quindi ho continuato.

Qual è stato il passaggio al grande pubblico del panorama italiano?

In Italia ci sono stati tre campionati abbastanza importanti per me. Il primo a 11 anni quando ho partecipato al campionato italiano minicross e l’ho vinto. Ero l’unica femmina. Su venti gare a cui ho partecipato ne ho vinte diciotto. All’epoca sono stata sponsorizzata dalla Cagiva. Era il 1986 e i fratelli Castiglioni mi avevano dato la replica del campione del mondo Dave Strijbos perché avevano visto il mio talento. In quel momento ho iniziato a pensare che ci potesse essere un futuro in questo sport.
A 14 anni, nel 1991, la FMI ha creato il campionato femminile e l’ho vinto. Da lì ho portato a casa sette titoli totali. A 17 anni sono diventata professionista.
Ho vinto il campionato italiano della UISP. E’ stata la prima volta che una donna lo vinceva. Poi ho corso in Europa e poi è arrivata la chiamata per andare in USA. E lì ho vinto titoli negli Stati Uniti. Nel 2005 sono stata la prima donna invitata a correre in una gara mondiale di motocross, a Castiglione del Lago. Credo di aver aperto un po’ le porte a tante donne in giro per il mondo che vogliono fare una disciplina come il motocross.

Stefy Bau

Secondo te è meglio correre contro i maschi o in un campionato femminile?

Per quanto riguarda la mia esperienza personale penso sia importantissimo partecipare a entrambi. Quando ero io una pilota, correre nel campionato femminile era un’opportunità per vincere perché con gli uomini era molto più difficile, specialmente a livello professionistico. Semplicemente perché siamo diversi fisicamente. Però è importantissimo correre anche con gli uomini perché dà la possibilità di far vedere che le donne possono far parte di questo mondo.
Far vedere a spettatori e sponsor che riesci a competere ad alti livelli con gli uomini, che non è importante vincere ma essere lì assieme ai migliori al mondo, non solo ti fa alzare l’asticella ma dà visibilità a tutte le donne.

Un ottimo esempio di questi ultimi anni è Lotte van Drunen, che giovanissima corre anche con i maschi in altre competizioni. Cosa ne pensi?

Quando gareggi contro i maschi cambia un po’ la tua mentalità. Quando sei un pilota di alto livello vuoi vincere ma vuoi anche confrontarti con quelli più bravi di te. Se continui a gareggiare con le donne e vinci sempre, non crescerai più. Questo è quello che ho fatto io e che ora sta facendo Lotte. Lei ha corso nel campionato maschile per tantissimi anni e ora correndo nel femminile si trova avvantaggiata. Io credo che avrà un successo incredibile. Lei continuerà a correre con i maschi per crescere come atleta.

Tornando alla tua carriera, un giorno senza preavviso è successo qualcosa di terribile.

A 28 anni, ero pilota Honda in USA, e stavo preparandomi con il team per la stagione 2006. Durante l’allenamento ho sbagliato un salto e sono arrivata corta su un grande doppio salto e mi sono letteralmente esplose le caviglie. Dopo un’ora e mezza ero già in sala operatoria con il dottore che mi diceva che avrebbero dovuto amputarmi le gambe ma io annuivo e continuavo a chiedere quando sarei tornata in moto. E’ stato uno shock su molti livelli, non solo per l’incidente ma perché mi è cambiata la vita. Qualunque atleta non pensa mai che potrebbe finire, nella sua testa pensa che correrà per sempre. Che sia per infortunio o perché sei a fine carriera, non si è mai preparati.
Io ho passato dei momenti molto duri, anche perché è successo tutto molto in fretta.

Quanto è durato questo momento duro prima di rialzarti?

Si dice “Cadi dieci volte e ti rialzi undici”. E’ la mentalità del pilota. Si deve sempre trovare la soluzione per tirarsi su di nuovo. E’ stata dura perché mi ha cambiato il modo di vivere. Da un giorno all’altro tutta la vita che conoscevo non c’era più. Ci sono momenti di insicurezza su chi sei come persona. Se per tutti questi anni sei stato un pilota e poi non lo sei più, chi sei adesso? E quindi come è capitato a me, e ad altre persone, mi sono trovata in questo tunnel molto buio. Sono stata fortunata ad avere la mia famiglia vicino e piano piano sono riuscita a prendere questo fatto e a girarlo da negativo a positivo.
Ho pensato: “Ho avuto una carriera bellissima fino a 28 anni. Adesso ho la possibilità di farne una altrettanto bella visto che ho molto tempo davanti”.

Il periodo più duro è stato il primo anno perché non camminavo nemmeno e i dottori mi dicevano che non avrei mai più camminato. Ci sono voluti dieci anni per sistemare la caviglia e il piede sinistro però alla fine ce l’abbiamo fatta e ora cammino!

Stefy Bau oggi

E poi hai avuto un’idea straordinaria.

Sono successe tante cose che mi hanno vista passare da una parte all’altra della pista. Sono diventata la general manager del campionato del mondo femminile. Per me questa è stata una cosa bellissima perché ho avuto la possibilità di diventare un po’ la “mamma” delle ragazze mentre prima erano le mie avversarie. Potevo quindi dar loro ispirazione, consigli e trucchi per diventare più interessante per gli sponsor.
Poi sono successe tante altre cose e nel 2020, quando il mondo è cambiato, ho avuto questa idea di avventurarmi nel mondo degli Esports. Per chi non lo sapesse si tratta di campionati di videogiochi dove la gente partecipa a eventi che sono copie dell’evento reale. E logicamente essendo nel mondo delle moto e delle auto, mi sono buttata in quest’area. Ho chiamato questa attività INIT Esports, un’azienda che organizza campionati digitali sia moto che auto in tutto il mondo. Spingiamo tantissimo affinché partecipino anche molte donne.

L’idea è quella di passare dal digitale al reale, giusto?

Esatto! Con le auto è più facile che con le moto ma ci arriveremo. Per le auto abbiamo fatto questo evento che si chiama “Screen To Speed”, dallo schermo alla velocità, che è diventato subito un movimento in tutto il mondo. Abbiamo creato un evento online con le auto della Nascar, in collaborazione proprio con Nascar e altri grandi brand come Ford, Shell ecc, in cui le ragazze in tutto il mondo dovevano qualificarsi. Le prime venti le abbiamo portate a Las Vegas a correre un evento sim racing, sui simulatori di auto, e gareggiavano proprio mentre i piloti Nascar stavano gareggiando all’esterno. La vincitrice di quell’evento, non solo è andata sul podio con gli altri piloti Nascar ma le abbiamo fatto poi testare una Porsche 911. Lei non aveva mai guidato un’auto vera prima di allora e l’abbiamo affiancata ad una pilota professionista per farle da mentore. In 17 giri era solo 2 secondi più lenta della pilota. Incredibile!

Quindi la tua idea funziona!

Sì! Lo sappiamo bene, sia nel mondo della moto che delle auto, costa tantissimo correre. Consideriamo il veicolo, la benzina, le licenze, le assicurazioni ecc sono costi altissimi. Se invece riusciamo ad avvicinare chi è appassionato prima, in modo virtuale, possiamo scoprire più talenti. Non tutti riusciranno ovviamente ad ottenere grandi risultati ma se ampliamo il numero di persone avremo maggiori probabilità di trovarne.

Pensi che in Italia saresti riuscita a fare la stessa cosa?

L’Italia è un bellissimo paese ma è molto difficile far succedere le cose. La burocrazia che gestisce tutto ti fa passare la voglia. In USA è tutto più facile. Se tu hai un’idea e vuoi portarla avanti ci vuole poco per farla partire. Poi, certo, ci vogliono i finanziamenti per renderla reale ma se è una buona idea li trovi.

Parliamo di Tanya Muzinda, pilota africana che abbiamo intervistato qualche mese fa (a questo link) e che è definita un gran talento.

Dopo aver concluso la mia carriera, ho avviato una scuola di motocross, sempre con l’idea di avvicinare più ragazze a questa disciplina. Un giorno mi arriva una email dallo Zimbabwe da un giornalista che mi scrive di una ragazza di 9 anni che ha molto talento. Mi invitava ad andare a conoscerla per vedere se aveva opportunità. Ho cancellato l’email pensando fosse uno scherzo o un tentativo di truffa. Mi ha quindi riscritto e alla terza volta gli ho risposto. E’ stata una delle cose più belle che ho fatto nella mia vita. Non solo ho avuto la possibilità di andare lì, ma ho conosciuto Tanya e la sua famiglia.
Tanya è una ragazzina che effettivamente ha un sacco di talento. Quando sono arrivata girava con un Kawasaki 65 con ciabatte e vestito. Non credevo ai miei occhi e ho contattato le mie conoscenze per farle avere un abbigliamento protettivo. Airoh mi ha mandato i caschi, Axo ha mandato giù il vestiario poi è entrata Alpinestars, KTM ha mandato una moto.

Tanya era incredibile. Aveva una posizione in sella da professionista. Le condizioni nel suo paese non le avrebbero dato molte possibilità. Non andava a scuola e la mia presenza lì ha fatto sì che trovassimo i soldi per pagare le tasse scolastiche. Ha iniziato a fare gare in Sud Africa e alla fine l’abbiamo portata in USA. Adesso vive qui, va al college e la famiglia è con lei.
Tutto grazie ad una email e per aver voluto dare una possibilità ad una persona. Lo dico a tutti: se avete la possibilità di fare del bene, fatelo. Vi tornerà indietro tutto in milioni di modi diversi che ti faranno sentire veramente bene.

Tanya Muzinda

Com’è cambiato il motocross femminile negli anni secondo te?

Credo di aver vissuto i migliori tempi del motocross femminile. L’Italia nel 1991 è stato il primo paese europeo a creare un campionato femminile ufficiale. Il movimento era stupendo. Al cancelletto a volte eravamo anche in 40 partecipanti. Poi, secondo me, è mancata la spinta dalla Federazione e nel tempo una cosa bellissima è andata a morire. Io poi sono andata in USA. Qui da molti anni c’è un campionato femminile. All’inizio era un campionato che si svolgeva solo in California. Col tempo si è ingrandito ed è diventato nazionale.
Negli States c’è anche questo campionato che si chiama Loretta Lynn, campionato amatoriale con tutte le categorie, inclusa quella femminile. Per darvi dei numeri: ci sono circa 30.000 persone in USA che si devono qualificare per questo campionato. Nella gara ci sono 1600 partecipanti di cui una parte donne. Da lì vengono presi i talenti dai team ufficiali.

Il livello professionista di motocross qui è altalenante ma è la stessa cosa che è successa in Europa. Dopo che sono diventata la prima donna a correre nel campionato del mondo maschile è stato deciso di fare il campionato del mondo femminile. Mi hanno chiesto, come ho detto prima, di diventare general manager e di farlo crescere. Ha raggiunto numeri incredibili.
Poi mi è stato detto che le ragazze stavano avendo troppa attenzione rispetto ai ragazzi e quindi il campionato femminile doveva essere un po’ declassato.
C’è stato di conseguenza un calo ma per fortuna adesso il mondiale sta tornando in auge.

Quali sono le pilote di motocross attuali che ti piacciono di più?

Le conosco tutte e molte le ho scoperte quando erano ancora agli inizi. Courtney Duncan ad esempio voleva venire in USA ma il campionato in quel momento non era il massimo e le consigliavo di andare in Europa. Così ha fatto e ha vinto parecchi titoli.

Courtney è sulla scena da molto, chi vincerà in futuro sarà sicuramente Lotte Van Drunen. Lei corre con gli uomini, quella è una grande differenza dalle altre. Inoltre lei arriva dall’Olanda, ci sono moltissime piste sulla sabbia e lo sappiamo benissimo che, per andare forte nel motocross, se vai bene sulla sabbia sei un pizzico più avvantaggiato anche sul duro. Con una background di quel genere, farà una carriera fantastica. Mi piacerebbe che anche lei partecipasse a qualche gara del campionato del mondo maschile.

E di pilote italiane?

Diciamo che dopo Kiara Fontanesi le ragazze devono iniziare a lavorare più duramente. So che Chicco Chiodi (Alessio Chiodi) sta seguendo qualche ragazza. Lui è stato un grandissimo quindi può portare la sua esperienza e cercare di farle crescere.
Correre in moto a livello professionistico non è facile. Non è solo questione di fisico ma anche tantissimo questione di testa. Speriamo si scoprano altri talenti italiani perché sarebbe davvero bello.

A breve ci sarà EICMA 2023. Raccontaci cos’hai organizzato!

Come ti dicevo, la mia azienda INIT Esports si occupa di portare sempre più persone dal virtuale al reale nel motorsport. Abbiamo parlato con EICMA spiegando quanto sarebbe stato importante avere uno spazio dedicato a questo mondo. Un terzo della popolazione mondiale si identifica come “gamer”, metà di questi sono donne. Io spero di portare parte di queste donne nel motorsport.

Nelle scorse settimane è iniziato un campionato online e abbiamo avuto 13.000 persone che si sono qualificate. I posti disponibili sono 40 per gara. Le gare sono visibili sul canale Twitch di INIT Esports e di EICMA. I primi 10 del campionato sono invitati a EICMA a fare l’ultima gara finale dal vivo. I primi 3, domenica parteciperanno alla finalissima con i VIP. Ci sarà di sicuro Dani Pedrosa, Antonio Cairoli e altri. Invito tutti a venire a vedere dal vivo questo evento!

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