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Perché anche i più duri piangono alla Dakar?

16/01/2021
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Anastasiya Nifontova è una motociclista russa classe ’79. Anastasiya partecipa regolarmente al campionato russo di rally-raid dal 1999 diventando anche la prima donna a gareggiare in questa disciplina al fianco dei maschi. Nel 2017 è diventata la prima russa a gareggiare alla Dakar in moto e la prima a terminarla. Nel 2019 ha aumentato ulteriormente il livello di difficoltà prendendo parte alla classe Original by Motul diventando la prima donna a finire la Dakar senza assistenza.
Nel suo profilo Facebook la Nifontova ha raccontato molte sfumature della Dakar 2021 pur non vivendola da protagonista. Da un suo post abbiamo tratto questo splendido scritto che sottolinea quanto sia importante questo Rally per chi riesce a parteciparvi.

Molti di voi hanno visto filmati della Dakar dove grandi uomini impolverati piangono senza nascondere le loro lacrime alle fastidiose telecamere.
Cercherò di spiegare cosa riesce a rompere l’armatura emotiva di quei veri guerrieri della strada.

Per molti la Dakar è il sogno di tutta una vita. La maggior parte dei piloti non ci va per primeggiare sugli altri, ma per vincere su se stessi.

Partecipare è molto difficile: ci si prepara per questa maratona almeno per un anno, alcuni per tutta la vita.
Ci sono persone che vendono case, ipotecano proprietà, chiedono prestiti, dedicano molto tempo e fatica alla ricerca di sponsor.

Ma quando la fortuna si allontana e la terra scivola letteralmente via da sotto i tuoi piedi, crolla molto di più del semplice mezzo o della salute.
Il sogno si sta sgretolando.
L’obiettivo, così vicino e tangibile da sentirne il calore, scivola tra le dita come sabbia asciutta.
Per molti questo significa che l’unica possibilità nella vita non è stata realizzata.
Era in gioco tutto e tutto è perduto.

Ad essere onesti, solo un individuo senz’anima è in grado di sopravvivere a una cosa del genere senza battere ciglio. Ma in questo tipo di gare non ce ne sono di persone così.

Ho visto con i miei occhi uomini piangere per la disperazione. Era impossibile guardarli negli occhi: i piani, i sogni, gli obiettivi erano crollati lì e nessuno poteva farci niente.

Ricordo come stavo singhiozzando io stessa, seduta sulla sabbia vicino a Volgograd sulla Via della Seta vicino a un’auto rotta. Non perché non abbia vinto, ma perché non sapevo se ci sarebbe stata ancora la possibilità di trovare un budget e poter correggere gli errori fatti.
Ciò che spaventa è soprattutto la paura che non sarai in grado di rifarlo.

Non giudicate troppo rigorosamente. A volte questa avventura rompe non solo le ossa, ma anche le anime.

A tutti coloro che questa volta non hanno potuto portare a termine i loro progetti, desidero augurare forza e opportunità per un nuovo tentativo.

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