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In moto per la SP 17: l’entrata della Cimbra Lessinia 

20/08/2023
Sabrina Godalli
Pubblicato in: ,

…eh, son curiosa, dopo dove si va?

Eccoci di nuovo, ragazze. La puntata numero 2 (a questo link la precedente) che racconta uno dei percorsi che preferisco in assoluto. Sinceramente, non immaginavo che ci potesse essere una serie di puntate che riguardavano questo particolare percorso in moto ma, un itinerario così suggestivo, non lo vuoi raccontare ad altre motocicliste?

Con il primo scritto ci siamo lasciate a poche centinaia di metri dal piccolo centro di Campofontana. Infatti, dopo aver percorso la strada provinciale 31 nell’alto vicentino, arriviamo a oltrepassare il confine della provincia e leggere il cartello che indica “Verona”. Qui siamo sempre a una guidare su una provinciale ma viene identificata con SP 17. E qua, raga, si apre un mondo. Si apre lei, la maestosa e magica Lessinia in tutta la sua potente e selvaggia bellezza.

Terra ostica e di confine che, nei secoli scorsi, ha visto arrivare anche qui, loro: i Cimbri. Qui, in particolare, ci sono i cosiddetti “13 Comuni della Lessinia” sparsi in un territorio enorme che va, per l’appunto, da est con i confini della provincia di Vicenza a ovest fino alla Val d’Adige. Le strade, tutte a mio avviso molto belle, per salire in Lessinia sono tante ma ora vi racconto, forse, la più misteriosa.

Giunte sotto l’abitato di Campofontana (Funtà in Cimbro) potete scegliere se girare a destra e fare una capatina proprio in centro al paese, oppure scendere verso valle. Campofontana, spesso meta innevata serale, o notturna, di noi quasi street racers del vicentino, merita una visita a sé. Il paese è davvero molto piccolo, potete visitare la chiesa, di tipica architettura cimbra e, una volta parcheggiata la moto, la meravigliosa contrada Pagani. La contrada più antica del versante est della Lessinia e, da alcuni documenti, la più antica del paese. Risale infatti al 1400. Bella in tutte le stagioni, in inverno con la neve e quel tipico paesaggio “da Lessinia” audacemente malinconico, sembra ti voglia fin parlare. Una volta scesi dal paese, ripercorrendo le poche centinaia di metri che lo dividono dall’incrocio, si scende verso valle ma, non abbiate pensieri, la valle vera e propria, la lasceremo alle spalle per un bel pezzo. 

Verso Giazza

Percorrendo la strada principale, oltrepassate le poche case e seguite le indicazioni per il paese di San Bortolo delle Montagne. Se vi guardate intorno, vi imprimerete negli occhi quel tipico paesaggio che vedete davanti a voi. La tipologia dei pascoli in quota in Lessinia è unica nel suo genere. Giunte all’incrocio, seguite a destra leggendo le indicazioni dei paesi di Selva di Progno e, lei, Lietzan, nome cimbro di Giazza. I nomi di questi due paesi vi fanno capire che si tratta di zone immerse nel bosco e spesso in ombra. Paesi e contrade che, a suo tempo, erano delle piccole comunità a sé stanti; oggi purtroppo quasi tutte spopolate.

La strada si snoda tutta in discesa, tra tornanti più o meno stretti e ombre di cortili immersi nel bosco. Siete in un vallone stretto che, una volta terminato, si apre leggermente nella punta in alto della Val d’Illasi. Arrivate al bivio, noterete un incrocio con una statua in ferro un po’ curiosa: una chiocciola sopra un masso. Poco dopo, infatti, girando a destra sulla strada principale, trovate Sant’Andrea, una frazione del paese di Badia Calavena dove si tiene una delle fiere più antiche d’Italia, l’Antica Fiera dei Bogoni, o Marcà dei Bogoni in dialetto della zona. Il termine “bogon” significa appunto chiocciola.

Restando sempre sulla strada principale, la valle si stringe e si arriva a Selva di Progno. Il bosco si fa ancora più fitto e l’aria, essendo quasi sempre in ombra, è più fresca. Una volta oltrepassato anche questo paese continuiamo a salire l’alta Val d’Illasi con la strada che scorre tranquilla tra piccoli prati e inizi di sentieri. Ad un certo punto, vedrete sbucare la cima di un campanile con una chiara forma a cipolla e dei cartelli a lato carreggiata che vi danno il benvenuto. Se guardate bene, vi potrà sembrare una lingua strana, quasi tedesco. Invece no: le parole che leggete, “Sait bouken kan Lietzan”, sono in Cimbro e vi danno il benvenuto nel paese che spunta sotto di voi come un fungo, cioè Lietzan, Giazza.

Vi consiglio questo percorso in tutte le stagioni, anche d’inverno. In un giorno d’autunno con il rosso delle foglie, le montagne subito dietro che si colorano d’oro e quell’alone di magico, e quasi esoterico, che emana quel gruppo di case, lo spettacolo è emozionante. Altra variante molto suggestiva è arrivare in zona verso il tardo pomeriggio di un giorno estivo. Parcheggiate la moto in alto e scendete a piedi percorrendo i pochi metri che vi portano al centro del paese. Il torrente che fa da sottofondo è il Pach. Sui muri, in tante targhe, sui nomi delle case, trovate ancora le parole in Cimbro. Potete decidere di fermarvi in uno dei locali che tornano ad animare piccolo centro, magari all’Osteria Lietzan e, ordinando uno Hugo, l’aperitivo con sciroppo di fiori di sambuco, guardare il tramonto e scambiare qualche parola con l’Oste, che è un carbonaio. 

Ah, volete sapere cos’è un carbonaio? Magari ve lo spiego la prossima volta che vi racconto un’altra quasi favola della magica Lessinia.

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