Aurelia Cruciani, 26 anni, vive a Roma. Nel tempo libero pratica sport, le piace andare in mountain bike e di mestiere fa la chef. Il gas non lo dà solamente ai fornelli, Aurelia Cruciani è una pilota ed il gas lo dà specialmente in pista!
Aurelia, che piacere poterti intervistare! Raccontaci da quanto tempo vai in moto e come hai scoperto la passione per le due ruote.
Vado in moto da otto anni, di cui tre e mezzo esclusivamente in pista. Quando avevo circa dodici anni andavo con mio padre sul lago di Bracciano ad allenarmi in canoa, ed ogni volta che eravamo in macchina fermi in coda, ci superavano i motociclisti. Questa cosa mi fomentava tantissimo, e lì ho capito che volevo assolutamente una moto. Senza perdere tempo, compiuti i diciotto anni, ho comprato la moto.
Come la maggior parte delle persone, tu hai iniziato a guidare la moto in strada. Come sei finita in pista?
Portavo la moto in un’officina vicino casa mia che era anche garage (e che poi è stato il mio team fino allo scorso anno) e colui che attualmente è ancora il mio capotecnico, mi aveva vista girare per strada ed aveva notato che correvo come una folle. Un giorno mi ha detto: “Tu non puoi correre così per strada, proviamo ad andare in pista!” e così nel 2018 mi ha portata al circuito di Latina. Ci sono andata con la mia moto stradale e mi sono subito divertita tantissimo. Ho in seguito venduto la moto che avevo per comprare la R3 (Yamaha). Per me è stato tutto assurdo, io non credevo nemmeno che la pista fosse accessibile agli esseri umani. Quando guardavo i piloti della moto GP, per me loro erano alieni.
Secondo te guidare in pista è meglio che guidare per strada?
Come in ogni cosa ci sono dei pro e dei contro. Quando guidi per strada è più una passeggiata, ammiri il paesaggio che ti circonda e vai a mangiare gli arrosticini. In pista tutto questo manca, ma in compenso è meno pericolosa. Per strada tra il traffico, le persone poco attente oppure l’asfalto che non sempre è in buone condizioni, la possibilità di cadere e farti davvero male è secondo me più alta. In pista sai di non avere nessuno che ti arriva dalla corsia opposta. Il tuo unico pensiero è spalancare il gas e divertirti.
“La pista è puro divertimento.”
Qual è stata la più bella sensazione che ricordi del primo giorno in pista?
Ho pensato “che figo, si può usare tutta!” cioè in pista non c’è la corsia. Mi ricordo che senza paura sono subito andata veloce ed alla prima curva ho messo il ginocchio a terra. L’avevo sempre desiderato e nella mia testa ho pensato che in pista ci vai per quello: per correre e mettere il ginocchio a terra. Ognuno può approcciarla come vuole, ma secondo me non vai in pista per andare piano. Tra l’altro mi avevano prestato delle saponette con le viti in titanio e quindi fecero pure le scintille, ero felicissima! Al quarto giro mi sono poi allungata…ma questi sono solo dettagli.
La tua maggior difficoltà nel guidare in pista invece qual è stata?
La stanchezza fisica. Guidare la moto in pista richiede tanto allenamento e soprattutto resistenza. Le prime volte volevo subito spingere e dare gas, ma non ce la facevo a tenere la moto. Inizialmente ero anche molto rigida, mi sentivo le braccia bloccate e mi facevano male i polsi. Di testa volevo andare sempre più forte e non avevo nemmeno paura di scivolare, ma fisicamente non ce la facevo. Il mio corpo non riusciva a stare appresso a ciò che mi diceva la mente. Dopo tre giri ero praticamente sfinita e ricordo che andavo subito in affanno. Quando ho iniziato a correre fumavo ancora le sigarette e talmente che andavo in crisi d’ossigeno, che ho subito smesso.
Allora smettere di fumare potrebbe essere un consiglio per chi vuol andare in pista?
Oppure chi vuol smettere di fumare può provare ad andare in pista!
Giusto, possiamo anche vederla così! (ridiamo) Ti sei allenata e migliorata tanto, hai gareggiato, hai subito messo il ginocchio a terra. A questo punto quale è la tua più grande soddisfazione?
La mia più grande soddisfazione è essere arrivata al livello in cui sono adesso in così poco tempo. Grazie anche a tutte le persone che mi sono state accanto, al tecnico, al coach. Senza il mio coach non sarei mai arrivata dove sono adesso.
Anche quest’anno parteciperai alla Women’s European Cup, ovvero il campionato europeo femminile di motociclismo, che avrà inizio tra pochi mesi. Come ti senti?
Sarà tosta! Il livello è davvero alto. In gara spesso ci vuole anche fortuna, bisogna arrivare in forma e sperare di non rompersi niente. È capitato che ai test andavo molto bene e poi alla qualifica sono caduta. Qualche volta succede anche questo, e quindi il giorno della gara speri solamente che fili tutto liscio. Però mi sento prontissima. Sono fiera del mio team e del supporto che mi danno. Non avrei mai immaginato tutto questo. Posso dire di aver davvero realizzato un sogno, che poi in realtà si tratta di un sogno astratto perché non lo mettevo nemmeno tra le ipotesi di correre in pista ed addirittura gareggiare.
“Non avrei mai immaginato di correre un giorno in pista.
Con la Women’s European Cup ho realizzato un sogno astratto.”
Cosa occorre per gareggiare? Potrebbe partecipare chiunque al campionato?
Si corre con le moto di cilindrata 300 di tutte le marche, alcune sono 400cc depotenziate. La Women’s European Cup ha un costo molto economico rispetto ad altri campionati, ma è comunque una spesa importante. Dipende poi sempre da come la vuoi (e puoi) affrontare. Sicuramente chi può permettersi di comprare la moto, un furgone ed avere un suo team, è avvantaggiato. Alcuni hanno anche degli sponsor oppure hanno ad esempio il padre appassionato di moto che se ne intende di meccanica, e che può quindi aiutare facendoti così risparmiare qualcosina. Io mi sento fortunata anche in questo, perché se io non avessi avuto questa occasione che mi si è creata per fortuna, ovvero di aver incontrato il mio capotecnico che mi vide come “la ragazza talentuosa” e prendendomi a cuore mi ha voluto sempre supportare, non so dove sarei potuta arrivare. E poi generalmente parlando, come ambiente non è il massimo per stare da soli. Nelle gare girano tanti soldi ed è sempre meglio avere una figura che ti copre e che sa di cosa si sta parlando. Quasi tutti hanno solitamente un manager che gestisce gli accordi ed i contratti.
Qual è il tuo circuito preferito?
Qui in Italia mi piacciono Imola, Misano ed anche Vallelunga, mi fanno sentire in un parco giochi. A me piacciono tanto quelle piste che hanno più stop and go, curve strette dove stacchi più forte e poi acceleri. Di fatto quella che preferisco meno è il Mugello, perché ha tante curve in percorrenza con gas quasi pieno e sono curve molto veloci che non mi divertono molto.
Che tipo di pilota sei? Come ti definiresti in una parola?
Competitiva. Sono molto competitiva, ma lo sono soprattutto con me stessa. Anche negli allenamenti ho l’obiettivo di migliorare e cerco sempre di andare al limite. In questo sport la vera sfida è più con il cronometro che con il tuo avversario. Dal primo giorno mi sono attaccata al cronometro. Ho iniziato a correre in pista a soli 23 anni ed avendo pochissima esperienza non è facile per me approfittare della scia degli altri piloti e recuperare secondi persi a causa di una caduta oppure di un errore tecnico. Caratterialmente voglio sempre tanto, troppo e subito. Mi pongo un obiettivo e lo voglio raggiungere a tutti i costi.
Cambiamo discorso: la tua nuova tuta. Vuoi dirci qualcosa?
È bellissima! Abbiamo cercato di inserire in alcune zone i miei colori preferiti e psichedelici che sono il verde ed il viola, ma i colori principali sono quelli del marchio Yamaha. La tuta è in pelle di canguro ed avrà anche il logo MissBiker. Tra pochi giorni potrò mostrarla al Motor Bike Expo a Verona.
Sui social ti abbiamo anche vista in pista su un monopattino, veicolo che attualmente scatena gli inferni tra le varie opinioni. Un commento sul monopattino?
Non capisco questo accanimento, il monopattino è divertente e non c’entra niente con la moto. Chi ha la possibilità di provarlo, dovrebbe farlo. Tra l’altro va velocissimo e potrebbe riservarci delle belle sorprese. Chissà, magari un giorno faranno un mondiale e mi vedrete gareggiare su un monopattino.
Ci lasci nel dubbio e direi di chiudere l’intervista in bellezza: una frase di incoraggiamento a tutte le donne che vorrebbero provare la pista.
Daje, se pò fa!” (ovviamente pronunciato con marcato accento romano)
Questa frase l’ho detta ad una ragazza che avevo incontrato ad un corso con le pit-bike, e le avevo fatto provare la mia R3. Questa ragazza l’anno prossimo gareggerà nella Women’s Cup! Questo cosa significa? Significa che “se pò fa”, chiunque può farcela.
Se non si è portate per le gare, consiglio comunque a tutte di provare la pista almeno una volta nella vita. Anche solo come esperienza personale.
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Christina Chiofalo
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